La Corte di Cassazione (ord. n. 11798/2021) ha abbattuto il precedente parametro del “tenore di vita” sussistente durante il matrimonio a favore del principio della c.d. autoresponsabilità dei coniugi, stabilendo che l’assegno divorzile può essere riconosciuto solo a seguito dell’accertamento giudiziale dell'incapacità oggettiva del coniuge più debole di far fronte alle proprie esigenze economiche.
Da tempo ormai il diritto di famiglia, in tema di assegno divorzile e mantenimento dell’ex-coniuge sembrava ristagnare in quella che, seppur solo a livello economico, altro non era che una indebita ultrattività del vincolo matrimoniale.
Infatti, se si considera che con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche su quello economico-patrimoniale, a differenza di quanto accade nella separazione personale in cui gli obblighi di cui all’art. 143 c.c. persistono anche se in via attenuata, parametrare l’assegno divorzile sul tenore di vita vissuto in costanza di matrimonio è una inutile e dispendiosa appendice.
Con la sentenza n. 11504 del 2017 la Suprema Corte di Cassazione ha difatti mutato il proprio orientamento segnando quella che è una vera e propria svolta in materia di divorzio, stabilendo che il giudice del divorzio, in relazione alla statuizione sull’assegno di mantenimento, dovrà riferirsi al “principio di autoresponsabilità” economica di ciascuno degli ex coniugi, riferendosi soltanto alla loro indipendenza o autosufficienza economica.
Sarà pertanto esclusivo onere del coniuge richiedente l’assegno provare con ogni mezzo idoneo, le concrete iniziative assunte per il raggiungimento dell'indipendenza economica, secondo le proprie attitudini e le eventuali esperienze lavorative, e dimostrare che nonostante gli sforzi non sia riuscito a reperire risorse economiche ed entrate tali da garantire uno stile di vita dignitoso ed adeguato.
Il nuovo orientamento sull’autoresponsabilità dei coniugi è stato poi confermato nel 2018 con la sentenza della Corte di Cassazione n. 18287/18 con cui si è provveduto a specificare le finalità che il riconoscimento dell’assegno divorzile deve perseguire in questa nuova ottica, in particolare con tale pronuncia è stato stabilito che il riconoscimento dell'assegno di divorzio richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.
In sostanza, è stato eliminato il criterio secondo cui uno dei coniugi avrebbe dovuto garantire all’altro lo stesso tenore di vita vissuto durante l’unione coniugale, determinando definitivamente che sussiste solo un obbligo di contribuire a fini assistenziali, e nel solo caso in cui il coniuge richiedente non sia oggettivamente in grado di procurarsi redditi.
Anche la quantificazione dell’assegno divorzile sarà dunque da rivedere, secondo quanto valutato in concreto dal Giudice, tenendo conto della durata del matrimonio, dell’età del richiedente, del contributo fornito alla vita familiare, alla eventuale crescita dei figli ed alla formazione del patrimonio comune e personale dell’ex coniuge, della sua possibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro ed infine della eventuale rinuncia a opportunità professionali.
Consolidando tale orientamento la Corte ha inteso, da una parte, valorizzare l’importanza del lavoro domestico e la cura delle necessità della famiglia; dall’altra ha inteso invece precisare che il diritto all’assegno divorzile non deve dipendere più dal reddito inferiore del richiedente rispetto a quello dell’ex-coniuge, visto che il vincolo matrimoniale con il divorzio deve necessariamente considerarsi reciso.
Una definitiva conferma è arrivata proprio il 5 maggio 2021 con l'ordinanza n. 11798 in cui la Corte di Cassazione ha definitivamente sancito il tramonto del criterio del tenore di vita stabilendo che non è più rilevante il tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, ma sono determinanti le condizioni economiche del marito e della moglie, l’autosufficienza economica, il contributo fornito dai coniugi nella vita familiare, le aspettative economiche eventualmente sacrificate con una particolare attenzione alla durata del matrimonio e all’età del coniuge che abbia avanzato la richiesta di assegno."
Pertanto, il coniuge richiedente non avrà diritto all’assegno divorzile pur avendo un reddito inferiore rispetto a quello detenuto dalla controparte, a meno che le sue risorse economiche non siano insufficienti ed inadeguate al proprio sostentamento, per motivi ad esso non riconducibili.
Come ottenere la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile?
La domanda ora da porsi è cosa fare nel caso in cui ci si renda conto che, secondo tale principio, l’assegno divorzile versato all’ex coniuge sia da ritenersi ingiusto.
Sebbene una sentenza passata in giudicato sia da considerarsi una pietra tombale sulla controversia, non è così nel diritto di famiglia, in cui i provvedimenti in materia di separazione personale e divorzio sono emessi rebus sic stantibus, cioè “così come stanno le cose”, rappresentando di fatto una fotografia dello stato dei fatti in quel determinato momento.
Pertanto, sarà sempre possibile proporre innanzi al Tribunale competente un ricorso per modifica delle condizioni di divorzio, qualora la situazione reddituale degli ex coniugi cambi, ovvero, come in questo caso muti radicalmente il principio alla stregua del quale il Giudice valutò il quantum dell’assegno divorzile.
Avv. Andrea Centi
Avvocato & Blogger Giuridico
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